venerdì 24 aprile 2009

25 aprile

"Fischia il vento" versione dei Modena City Ramblers

video da "la neve di giugno",trasmesso ieri su rai2 a "palco e retropalco"

altro video da "la neve di giugno"

Oggi, come ieri e come dovrà essere domani, RESISTIAMO!


Per gentile concessione di www.babelia.org :

Partendo dal racconto teatrale Resistenti, leva militare ‘926 di Francesco Niccolini e Roberta Biagiarelli, il regista Andrea Dalpian ha realizzato in collaborazione con l’attrice-autrice un film che mescola drammaturgia teatrale, tecnica cinematografica e cronaca giornalistica, riconsegnando alla memoria collettiva un episodio della resistenza a Fiorenzuola d’Arda e nelle colline vicine.
Camminando in quei luoghi, toccando quegli alberi e i muri di quelle case, la Biagiarelli si fa di volta in volta interprete e voce fuori campo.
Non usa il dialetto di quelle parti, ma il suo italiano è denso e spesso; è la lingua di uomini e donne che diedero tutto senza avere in cambio nulla. E’ un racconto della resistenza; è il bisogno, il dovere di salvare la memoria degli anti eroi, dei giovani di allora, quasi bambini, troppo spesso dimenticati dalla Storia ufficiale. Prodotto da Babelia & C. e da Giusi Santoro il film, della durata di 50 minuti, è anche di altissima qualità estetica e visiva resa possibile dalle riprese in alta definizione e da tecniche e mezzi originari del cinema, nonché dalla straordinaria bellezza dei luoghi e dei paesaggi in cui sono ambientate le storie.
La neve di giugno è un racconto di teatro e di cinema ed un dovere di testimonianza.
“Partendo dallo spettacolo teatrale Resistenti, leva militare ‘926, l’idea che ci ha mosso è quella di creare un prodotto audiovisivo mantenendo come base il testo teatrale e la presenza in scena dell’attrice come narratore, che si sostituisce alla tradizionale “voce fuori campo” del genere documentario, in maniera del tutto sperimentale, poiché in questo caso la voce narrante avrebbe un volto, quello di Roberta Biagiarelli .
Un documentario sui generis che si mischia e si fonde nel genere cinematografico, dove la cornice teatrale viene a scomparire completamente, sostituita dai luoghi di cui di momento in momento si racconta, individuati con preciso rigore storico.
Il documentario che abbiamo realizzato racconta le storie reali di quel periodo ponendo un’attenzione particolare all’enfatizzazione delle sensazioni, delle atmosfere, dei luoghi e delle espressioni di coloro che sono i protagonisti di questa storia.
Il risultato è quello di vedere un film che allo stesso tempo è teatro, cinema e scrupoloso documentario di luoghi ed avvenimenti.”
Giusi Santoro e Andrea Dalpian

Lavorare sulla Resistenza. Raccontare la Resistenza. Sessant’anni dopo. E provare a rispondere sempre alla stessa domanda: cosa resta? Così abbiamo provato a indagare una terra – la provincia piacentina – e una serie di paesi: Fiorenzuola, Bobbio, Travo, Peli, Coli, Morfasso. Come sempre ti capita in questi casi, finisci con lo sprofondare nella mappa che stai disegnando: prima non capisci, non ricordi, non colleghi, poi cominci a mettere i primi nomi, i volti, le date. Se hai fortuna trovi storie esemplari, che ha senso raccontare. Che hai bisogno di raccontare. Abbiamo avuto fortuna.
Doveva essere la fulminante storia di quei due anni, è diventata la faticosa, trentennale guerra dalla marcia su Roma alla Liberazione. Vista da Fiorenzuola diventa una storia che non riguarda
i massimi sistemi, ma uomini, gli uni contro gli altri armati. Pieni di contraddizioni, incertezze, debolezze. Storia di famiglie, di Montecchi contro Capuleti, storie grasse di vino terra e sangue.
Storie in dialetto, dove è difficile distinguere lacrime e risa. Storie di ragazzi che non avevano neanche vent’anni e che ora ne hanno ottanta. Storie di cartavelina. Storie senza salvezza. “Resistenti” racconta in modo scarno e antieroico come i soli ragazzi italiani che non erano ancora stati chiamati alle armi, quelli delle classi ’25 e ’26, il giorno che toccò a loro andare a combattere – non più per l’Italia ma per la repubblica di Salò – quei ragazzi scapparono sulle montagne e divennero partigiani. Fu una storia di ragazzi, diciottenni e diciannovenni. Pazzi e incoscienti come si può essere solo a quell’età. È la storia di Nando, deportato in un campo di annientamento; quella di Eligio, che non fu fucilato e ancora non sa perché; quella della Pierina detta Stèlla; e quella di Stalin, che suonava la tromba nella banda e che sapeva a memoria tutta Casta Diva…
Con questo racconto abbiamo imparato a ricordarli, tutti, i resistenti, come furono allora e come, chi non se n’è andato prima, sopravvive oggi. Un racconto corale, e popolare, da opera, tra
Verdi Puccini Bizet Bellini. Non c’è ordine, il tempo va e viene, morti e vivi stanno tutti alla stessa tavola. E una donna, sola, canta. Canta il tempo, canta il pianto, canta la libertà che così disperatamente i diciottenni di allora - nella più paradossale e antieroica delle crociate di bambini che mai si combatté – seppero difendere. E consegnarci. Dimenticarli sarebbe atto indegno.
Francesco Niccolini

5 commenti:

Mirtilla ha detto...

brava elle ;)

casa da poesia ha detto...

"the flowers are all right"...!?...
salut!

tittina ha detto...

grazie Elle,per non dimenticare...un bacio Tittina

Luca and Sabrina ha detto...

Aspettiamo il tuo prossimo post, nel frattempo ti lasciamo un premio ed un abbraccio!
Sabrina&Luca

pagnottella ha detto...

Meravigliosa...passa da me c'è un premio...
Spero di leggerti al più presto!